Dalla scuola al mondo del lavoro: il valore della scelta

Lo scorso anno le cronache hanno parlato a lungo dell’ing. Alberto Bombassei poiché era uno dei due esponenti più accreditati a sostituire Emma Marcegaglia alla guida della Confindustria. Ha perso per pochissimi voti il rush finale con Squinzi. Ma già il personaggio era noto per importantissimi incarichi in diversi ambiti e per il fatto di essere presidente della Brembo, una società fondata dal padre Emilio e ora conosciuta in tutto il mondo per l’alta tecnologia dei suoi freni a disco applicati su molteplici marche di vetture sia di mercato come da competizione, delle quali il team Ferrari di Formula Uno – che da parecchi lustri monta freni Brembo – è il più rappresentativo.
Altro grande punto di innovazione, che a Bergamo conosciamo bene, è il “Kilometro Rosso”- Parco Scientifico Tecnologico progettato dal famoso architetto Jean Nouvel – di cui Bombassei è l’ideatore. Il parco ospita, tra gli altri, un laboratorio di avanguardia dell’Istituto Mario Negri, diretto da Garattini. Sarà un caso ma in questo numero ospitiamo proprio due articoli di queste due figure d’eccellenza come Bombassei e Garattini, entrambi ex-allievi della nostra gloriosa Esperia che a partire dal dopoguerra ha sfornato moltissimi personaggi che si sono dati un gran daffare e, pur non raggiungendo le vette a cui sono giunti i due appena nominati, hanno ricoperto incarichi di grande spessore nell’industria italiana e persino internazionale.
Per tornare a Bombassei – dal 2003 ingegnere meccanico honoris causa – dobbiamo dire che ora che la società di cui è Presidente ha raggiunto veramente il top, il personaggio ha deciso di non stare a guardare ma di restituire al paese quanto di buono la vita gli ha dato inserendosi nel mondo dei politici, criticandolo anche duramente, nella speranza (NdR – speriamo non si trasformi in illusione, vista la difesa strenua che i politici fanno dei propri privilegi!) di dare contributi per poterlo migliorare. Lo ha fatto non partendo proprio dal basso visto che, dopo essere stato eletto deputato, subito dopo la scissione delle due anime del partito è diventato definitivamente Presidente di Scelta Civica. Quanto ha scritto in questo pezzo assume quindi un interesse notevole perché si tratta di suggerimenti venuti da chi ha saputo percorrere con successo la non facile strada dell’imprenditoria.

 

Negli ultimi anni, mi riferisco al periodo che va dal 2007 a oggi, il nostro Paese ha dovuto sviluppare una serie di anticorpi contro la crisi finanziaria ed economica che ha investito la nostra epoca. La parola “crisi” viene dal greco, κρίσις (krisis), e il suo significato non è negativo come siamo portati a credere. Significa, infatti, “cambiamento” che implica una “decisione”: sta proprio in queste due parole la sintesi di quello che dovranno affrontare gli studenti dell’ultimo anno delle superiori. Un momento di cambiamenti che metterà i puntelli a quello che saranno un giorno: lavoratori dell’industria, ingegneri, medici, imprenditori o esperti di comunicazione, ognuno di essi farà parte del delicato meccanismo che sorregge il mondo economico, e con esso la stabilità di questa generazione e delle successive. Certo, la crisi ha portato con sé i semi di cambiamenti che si possono definire “epocali” nel mondo dell’economia, del lavoro e dell’istruzione.
Un tempo la laurea era garanzia di lavoro, oggi questa garanzia non c’è più. Da un lato a causa della crisi, appunto, dall’altro a causa di un aumento della competitività. Quella competitività che, anche in questo momento delicato in termini di disoccupazione, rende paradossalmente difficile alle aziende trovare alcune figure professionali per le quali la domanda di lavoro supera la richiesta. Questo avviene in particolare nel campo scientifico e tecnologico. Viceversa, le specializzazioni in materie letterarie e umanistiche attraggono più studenti, ma sono molto meno richieste dalle aziende. A supporto di questa affermazione, ci sono alcuni dati raccolti da Page Personnel in collaborazione con il centro studi del Cni (Consiglio nazionale ingegneri) in occasione dell’ultimo Congresso Nazionale degli Ingegneri, che si è svolto a Brescia e che sottolinea come i nostri professionisti siano i più richiesti d’Europa. Dallo studio è emerso come nel nostro Paese siano ricercati prevalentemente diplomati con provenienza da istituti tecnico-tecnologici (42%) o professionali (25%). I preferiti dal 53% delle aziende sono quelli specializzati in elettrotecnica ed elettronica, seguiti dai meccanici (25%) e dai diplomati in informatica e telecomunicazioni (15% delle imprese). Tra i laureati, il 70% degli assunti nei prossimi anni saranno ingegneri, e quasi il 30% con lauree economiche. Il problema che è emerso, però, è che gran parte delle aziende lamenta grosse difficoltà nel reperire figure professionali altamente specializzate. Una richiesta di competenze che i giovani che si accostano oggi agli studi universitari o al mondo del lavoro devono tener presente. In base al rapporto Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca), il numero dei laureati in Italia, dal 1993 al 2012 è triplicato, passando dal 7,1% al 22,3%. Dato che, però, mette comunque il nostro Paese sempre al di sotto della media europea, che vede i laureati al 35%. Sono numeri, questi, che vanno ad aggiungersi a una situazione lavorativa deprimente per i giovani. Infatti, il tasso di disoccupazione giovanile nel 2013 ha superato il 28%. A questo si associano altri numeri preoccupanti che riguardano le giovani generazioni, ossia la percentuale dei Neet (Not in Education, Employment or Training), i giovani tra i 15 e i 34 anni che non sono inseriti in alcun percorso scolastico o lavorativo: secondo l’Istat il 27% dei giovani sarebbe in questa condizione, circa 3,7 milioni di persone.
Ma questi dati, che possono intimidire le giovani generazioni, nascondono invece risvolti inattesi. Infatti, secondo Almalaurea – ossia il consorzio interuniversitario che rappresenta la stragrande maggioranza dei laureati italiani – il numero degli occupati under 29 laureati è superiore dell’11,9% rispetto ai neodiplomati: solo nel 2007 i neodiplomati superavano i laureati del 2,6%.
In questo modo, numeri e percentuali ci aiutano a interpretare questo mondo così complesso, e ci confermano come, anche se la laurea non garantisce più un posto di lavoro, in qualsiasi caso dà, a chi la possiede, una possibilità in più: una chance nella vita. Quindi, un consiglio: continuate a formarvi, rendetevi parte attiva di questo meraviglioso meccanismo, viaggiate, imparate le lingue (senza inglese ormai manca una competenza fondamentale) e siate le basi del futuro che vi attende e di cui sarete i protagonisti principali.