Ricerca e innovazione come opportunità per creare lavoro. Un caso bergamasco il tessile

La ricerca crea posti di lavoro?
Aumento della produttività.
Chi fa ricerca?
Da chi è finanziata la ricerca?
Come sono erogati i fondi di ricerca?
L’Italia investe in ricerca?
Che tipo di ricerca è effettuato tradizionalmente
nel settore tessile?
Quali sono le tecnologie avanzate da applicare al
settore tessile?

1. La ricerca crea posti di lavoro?
La ricerca innova processi e prodotti permettendo alle aziende di soddisfare le esigenze del mercato nel modo più economico e funzionale. Questo processo è in continuo divenire ed è sempre più accelerato mettendo in continua discussione il mercato del lavoro, distruggendo posti esistenti e costruendo nuove opportunità. I posti di lavoro scaturiti dall’attività di ricerca sono in generale di numero minore ma più qualificati, in sintonia con l’attuale società, dove i ragazzi sono sempre meno disposti a compiere lavori non in linea con le attese fornite dal titolo di studio. Possono essere nuovi posti di lavoro oppure la sostituzione di vecchi posti di lavori resi obsoleti dall’innovazione portata. Prendiamo ad esempio l’IPad, innovazione che permette di leggere testi e ì giornali attraverso uno schermo portatile collegato a internet: a livello mondiale l’innovazione distruggerà vecchi posti di lavoro situati nella produzione e nella stampa della carta ma creerà nuovi posti nell’elettronica. A livello locale purtroppo avremo solo la distruzione dei vecchi posti di lavoro senza la creazione dei nuovi, perché lo strumento non è prodotto in Italia.

La ricerca si divide in alcuni filoni principali:
Ricerca di base: si tratta di ricerche la cui probabilità di successo non è garantita nei risultati e nei tempi, compiute con ingenti sovvenzioni statali. In questo settore operano CNR, ENEA, alcuni centri di ricerca e università ma anche alcune aziende private di grandi dimensioni;
Ricerca applicata: si utilizzano le innovazioni scaturite dalla ricerca di base e si applicano al settore tecnologico di proprio interesse. Le probabilità di successo sono maggiori e le somme impegnate minori. In questo settore operano soprattutto i Centri di Ricerca e le università, anche in collaborazione con aziende medio piccole;
Trasferimento tecnologico: si utilizzano le innovazioni già realizzate in altri settori e si applicano al settore tecnologico di proprio interesse. Le probabilità di successo sono maggiori e le somme impegnate minori. In questo settore operano soprattutto i Centri di Ricerca e le università, anche in collaborazione con aziende medio piccole. In questo breve trattato ci occuperemo solo di ricerca applicata.

2. Aumento della produttività
È l’elemento con cui i vari Paesi sono confrontati per misurare lo sviluppo. La ricerca permette di aumentare la produttività diminuendo il costo del lavoro per unità prodotta oppure aumentando il valore aggiunto per unità prodotta. Nel primo caso significa che il costo di produzione è diminuito, nel secondo caso che si producono beni o venduti a prezzo superiore.

3. Chi fa ricerca?
La ricerca è compiuta dagli Enti di Ricerca, dalle Università e da qualche industria privata di grandi dimensioni. Nelle Università è coordinata da un professore responsabile che affida gli incarichi di ricerca a giovani laureati assunti a tempo determinato e pagati con i fondi messi a disposizione dai committenti della ricerca. Purtroppo la maggior parte dei ricercatori lavora in situazione di precariato con bassi stipendi per cui si assiste spesso al fenomeno di “migrazione dei cervelli”, poiché all’estero i ricercatori sono tenuti in maggiore considerazione ed i mezzi a disposizione per svolgere il lavoro sono superiori.

4. Da chi è finanziata la ricerca?
I fondi per il finanziamento della ricerca possono provenire da:
fonti private
Aziende
fonti pubbliche
Fondi provenienti dalla Comunità Europea. Si tratta del 7° Programma Quadro che mette a disposizione 50.521 milioni di Euro per il periodo 2007 – 2013 cioè 7.217 milioni di Euro all’anno. Lo stanziamento è stato suddiviso nel modo seguente: Cooperazione: 32 413 milioni di euro.
Idee: 7 510 milioni di euro.
Persone: 4 750 milioni di euro.
Capacità: 4 097 milioni di euro.
Azioni non nucleari svolte dal CCR: 1 751 milioni di euro.
Euratom: 2.700 milioni di euro (2007-2011).
Il programma HYPERLINK “http://europa.eu/legislation_summaries/research_innovation/general_framework/i23026_it.htm”Cooperazione mira a incentivare la cooperazione e a rafforzare i legami tra l’industria e la ricerca in un quadro transnazionale. L’obiettivo è costruire e consolidare la leadership europea nei settori più importanti della ricerca. Il programma è articolato in 9 temi, autonomi nella gestione, ma complementari per quanto riguarda l’attuazione:
salute;
prodotti alimentari, agricoltura e biotecnologie;
tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
nanoscienze, nanotecnologie, materiali e nuove tecnologie di produzione;
energia;
ambiente (ivi compresi i cambiamenti climatici);
trasporti (ivi compresa l’aeronautica);
scienze socioeconomiche e scienze umane;
sicurezza e spazio.
Fondi regionali, in particolare la Regione Lombardia utilizza il bando “Meta distretti” per favorire la nascita di progetti di collaborazione fra aziende;
Fondi provenienti dal Ministero per l’Università e la Ricerca MIUR il più importante dei quali è il bando “Industria 2015”.

5. Come sono erogati i fondi di ricerca?
Analizziamo come sono erogati i finanziamenti provenienti da fonti pubbliche: l’ente erogatore del finanziamento emette un bando di gara a cui gli interessati devono concorrere. I bandi possono essere indirizzati alle grandi aziende oppure a quelle medie e piccole.
I bandi della Comunità Europea richiedono la partecipazione congiunta di aziende e centri di ricerca/università di almeno tre paesi europei, mentre per quelli nazionali e regionali serve la partecipazione congiunta di aziende e centri di ricerca/università. Per concorrere al bando deve essere presentata una idea progettuale in cui sono descritti gli obiettivi prefissati in termine di innovazione e ritorno economico; una commissione valuta le richieste pervenute e aggiudica un punteggio a ogni progetto: i progetti con migliore punteggio sono finanziati fino alla capienza del bando. Il finanziamento copre una quota fra il 30-60% del budget dei costi presentato, generalmente erogato a fondo perduto o a credito agevolato, il resto deve essere finanziato dalle aziende, solitamente con l’attribuzione di costi interni. Il finanziamento è concesso alle aziende, che poi stipulano contratti di ricerca con i centri di ricerca e le università con cui hanno presentato il progetto. Le aziende sono proprietarie dei risultati ottenuti, che possono essere brevettati. Il progetto ha una durata temporale, di solito da uno a due anni, durante i quali sono richieste relazioni ogni tre/sei mesi per valutare l’avanzamento dei lavori. Alla fine del progetto è richiesta una attività di “disseminazione dei risultati” per informare la comunità scientifica e le aziende.

6. L’Italia investe in ricerca?
L’Italia investe in ricerca lo 1,0% del PIL, la Francia il 2,0%, la Germania il 2,5%, gli USA il 2,5% il Giappone il 2,7%, la Cina il 1,6% con aumento del 20% all’anno. Gli investimenti dell’Italia, soprattutto quelli privati, sono inferiori a quasi tutti gli altri Paesi sviluppati a causa della struttura industriale, fatta per la gran parte di piccole e medie aziende. È interessante notare come i Paesi con minori risorse dedicate alla ricerca sono quelli con minore sviluppo della produttività e del PIL e per questo in maggiore crisi e sotto la speculazione internazionale.

7. Su quale ricerca punta il settore Tessile-Moda?
Il settore Tessile consiste nella filatura (preparazione dei filati), tessitura (preparazione dei tessuti e della maglia) e nella nobilitazione (candeggio, tintura, stampa e finissaggio dei tessuti). Il settore Vestiario invece utilizza i tessuti per l’elaborazione e la confezione dei capi. Il settore tessile è quello più industriale e la ricerca è svolta per introdurre nuovi procedimenti e macchinari con lo scopo di migliorare qualità e produttività. Queste tecnologie, che mirano a ottenere filati e tessuti più pregiati, sono accessibili anche ai Paesi in via di sviluppo e non rappresentano più una solida barriera. La decisione di cosa produrre e dove è sempre più un fatto economico. Sono però ricercati nuovi effetti ed in questo caso si possono ottenere importanti barriere alla concorrenza. Il settore Vestiario è più artigianale e la ricerca significa sopratutto stile, design, moda, velocità di realizzazione e commercializzazione (Quick Response). Il settore Tessile, meno conosciuto dai consumatori, è maggiormente in crisi e sotto l’attacco internazionale. Il settore Vestiario è quello più noto, con marchi famosi e con maggior valore aggiunto. Presento alcuni dati economici dei due settori (dati ricevuti da Sistema Moda Italia):

Quali sono le tecnologie avanzate applicabili al settore tessile? La ricerca del settore si svolge su temi di ricerca applicata oppure di trasferimento tecnologico, dove si utilizzano le competenze delle Università e dei Centri di Ricerca. Non viene effettuata ricerca di base data la limitata dimensione delle aziende (media di 5 addetti per azienda). Esamino brevemente alcune tecnologie avanzate applicate o applicabili al settore tessile:
le nanotecnologie: si tratta di sostanze chimiche applicate in dimensioni nano cioè delle dimensioni di un miliardesimo di metro (inferiori ai virus ed ai batteri). In queste condizioni le sostanze sottostanno a leggi energetiche proprie (quantiche) e si comportano in modo completamente diverso rispetto alle dimensioni usuali in cui si trovano in natura. Per esempio il biossido di titanio, pigmento bianco normalmente usato per le pitture, diventa trasparente e conferisce proprietà autopulenti e idrofobe. È così possibile, usando quantità di sostanza infinitesimali, conferire nuove proprietà ai tessuti (o ad altre superfici a cui sono applicate): autopulenti (biossido di titanio: specchi e vetri autopulenti, cemento TX Active Italcementi per la distruzione degli ossidi di azoto derivati dallo scarico dei motori, tetto bianco della Chiesa del Giubileo a Roma).
Idro e olio repellenti (biossido di titanio o altro metallo in sostituzione del fluoro).
Anti fiamma (argille in sostituzione dei derivato del bromo).
Anti microbiche (argento come limitatore di proliferazione di germi in sostituzione dei germicidi).
le biotecnologie: utilizzano enzimi, organismi biodegradabili che non si riproducono e vengono applicati a temperature basse e a ph neutro, in sostituzione dei prodotti chimici, che vengono applicati ad alta temperatura e a ph fortemente basico. Gli enzimi sono utilizzati normalmente dal nostro corpo con la stessa funzione. È possibile ottenere i seguenti effetti:
degradare sostanze specifiche: gli enzimi sono specifici e attaccano esclusivamente le sostanze prescelte, degradandole fino agli elementi essenziali come avviene in natura. Per esempio le amilasi distruggono l’amido, le cellulasi la cellulosa. Con la bioingegneria è possibile “costruire” enzimi per degradare qualsiasi cosa e solo quella. Nel settore tessile si cerca di distruggere la lignina contenuta nella cellulosa senza l’utilizzo della soda caustica. Questo procedimento si può trasportare nell’industria del legno.
Costruire tessuti bio attivi: è possibile immobilizzare gli enzimi sui tessuti formando dei filtri in grado di distruggere le sostanze con cui vengono a contatto.
Sostituire sostanze chimiche inquinanti: gli enzimi agiscono da ossidanti permettendo il candeggio delle cellulosa, evitando così di usare gli ossidanti tradizionali tipo cloro o acqua ossigenata. Possono degradare la lignina sostituendo la soda caustica;
Favorire reazioni chimiche: gli enzimi possono agire da “catalizzatori” per favorire reazioni chimiche come avviene nel nostro organismo.
Adsobire sostanze chimiche per la depurazione delle acque reflue.