Le imprese italiane che operano nel settore del tessile hanno bisogno di un supporto che le possa agevolare nello sviluppo delle potenzialità presenti, al fine di migliorare l’immagine esterna e la qualità dei prodotti promuovendo una politica di incentivazione delle esportazioni sui mercati esteri. Per affrontare la concorrenza sempre più incalzante dei Paesi extraeuropei e per sostenere l’impatto derivante dalla rimozione delle quote all’importazione previste dall’accordo sul tessile (ATC) WTO del 1° gennaio 2005, non è più sufficiente puntare su fattori di costo. Lo sforzo di abbattere i costi porta all’erosione dei margini di guadagno dell’impresa che ne limita le capacità di investimento e di crescita. Alla luce di tale analisi, sembra piuttosto evidente l’urgenza di un ulteriore sforzo da parte delle imprese italiane per basare la loro competitività sulle capacità di innovare, progettare, produrre e distribuire nuovi prodotti ad alto valore aggiunto, puntando su fattori quali la qualità , l’innovazione, il design e la multifunzionalità . Nell’ambito di questo scenario, i materiali nanocompositi a matrice polimerica rispondono alle esigenze delle imprese e allo sviluppo di nuovi materiali multifunzionali con grandi potenzialità , anche nel settore del tessile. Grazie ai numerosi progressi conseguiti nella scienza dei materiali in questi ultimi anni, è possibile conferire al tessile nuove caratteristiche per applicazioni ad alto contenuto tecnologico e funzionali. Infatti, i nanocompositi permettono di ottenere materiali (per esempio antifiamma, antibatterici, antiodore, antistatici, anti onde elettromagnetiche, ecc.) che consentono la riduzione dei rischi, oltre che avere funzioni di termoregolazione corporea, avere effetti visivi, azione cosmetica o biomedicale e tanti altri ancora. Attualmente, sia la ricerca accademica che industriale sta focalizzando la propria attenzione e i propri sforzi sulla possibilità di sfruttare le nanotecnologie per applicazioni innovative nel settore del tessile. Il paese che ha il maggior numero di pubblicazioni e brevetti (ca. 33%) relativi ad applicazioni delle nanotecnologie è la Cina, ma fra i primi dieci paesi al mondo che stanno lavorando in tale direzione vi sono anche Corea e Hong Kong. Di tale gruppo, l’Italia rappresenta il fanalino di coda (ca. 1% delle pubblicazioni) insieme a Colombia, Polonia e Svizzera. Come viene evidenziato da TexClubTec [Studio “Mercato Cina 2005â€: il tessile tecnico e innovativo, http://www.texclubtec.it/pubblicazioni. as] l’impegno da parte del governo cinese nel settore del tessile tecnico/innovativo e nell’evoluzione del settore “Fibre†risulta notevole sia a livello di pubblicazioni e brevetti sia a livello di investimenti economici. Questi ultimi sono focalizzati preferenzialmente sulla messa a punto e realizzazione di nuovi tessuti innovativi per l’abbigliamento protettivo, l’abbigliamento sportivo e le calzature per sport, l’arredamento, la filtrazione industriale e l’edilizia. Alla luce di tale panorama, Aldo Tempesti della TexClubTec stimando una penetrazione del 20% di nanotessili in determinati segmenti di mercato afferma che per il 2010 il valore dei prodotti derivanti dalle nanotecnologie sarà valutabile intorno ai 12 miliardi di dollari. Si ritiene, inoltre, che tale mercato con i relativi servizi porterà alla creazione di due milioni di posti di lavoro nei prossimi 10-15 anni.
I nanocompositi e il tessile L’introduzione di cariche inorganiche in una matrice polimerica è da sempre una possibilità per migliorare o modificare alcune proprietà specifiche di un polimero (meccaniche, termiche, ottiche ed elettriche) o per ottenere materiali con nuove funzionalità (ritardo alla fiamma, proprietà barriera e/o selettività ai gas ecc.). Un materiale composito è un sistema che associa intimamente una carica inorganica a una matrice organica-polimerica. Questo tipo d’approccio ha portato negli ultimi anni alla ricerca e allo sviluppo dei materiali nanocompositi, nei quali le cariche introdotte hanno dimensioni dell’ordine dei nanometri (10-9 m). Pertanto, lo sviluppo dei nanocompositi offre per la prima volta la possibilità di migliorare le proprietà delle matrici organiche, sintetiche, artificiali e naturali, che costituiscono le fibre tessili, mediante l’uso di cariche inorganiche. Infatti, le nanocariche possono essere introdotte nei polimeri fusi (o in soluzione) durante la fase di filatura evitando il pericolo di bloccare i fori della filiera. D’altra parte, possono essere depositate direttamente sulle fibre durante lo step di nobilitazione/ finissaggio, più agevolmente che nel caso di cariche di dimensioni micrometriche. Le cariche studiate e utilizzate si possono classificare in base al numero delle dimensioni che rientrano nell’ordine dei nanometri:
- Nanoparticelle con 3 dimensioni nanometriche (di solito di forma globulare), es: nanoparticelle di silice o di POSS (polyhedral oligomeric silsesquioxanes)…;
- Nanoparticelle con 2 dimensioni nanometriche (di solito di forma tubulare), es: nanotubi e nanofibre di carbonio, sepioliti…;
- Nanoparticelle con 1 dimensione nanometrica (di solito di forma lamellare), es: fillosilicati, idrotalciti…
A partire dalla metà degli anni ’90 si è, quindi, realizzata la possibilità di produrre materiali ibridi organici-inorganici, strutture in cui associare le ottime proprietà dei ceramici (resistenza ad alta temperatura, rigidità ecc.) alla grande varietà strutturale permessa dalla chimica organica macromolecolare che fornisce materiali dotati di un rapporto molto favorevole tra proprietà meccaniche e peso e da una grande facilità di fabbricazione. Con questi materiali ibridi si possono ottenere straordinarie proprietà meccaniche, di barriera e di ritardo alla fiamma, con un contenuto di carica (in genere <6-8%) molto inferiore rispetto ai microcompositi tradizionali in cui le cariche hanno dimensioni al minimo micrometrico (10-6 mm) per i quali miglioramenti nelle proprietà del materiale vengono ottenuti con livelli di carica decisamente superiori (es. 30%). L’elevato interesse per i nanocompositi deriva anche dalla possibilità di attribuire simultaneamente al materiale polimerico, con una sola nanocarica, più funzioni per ottenere le quali in passato occorreva ricorrere a più additivi o cariche diverse. Le potenzialità dei nanocompositi a base di termoplastici sono particolarmente interessanti a livello industriale perché possono essere prodotti utilizzando gli estrusori e i processi normalmente impiegati per le operazioni di miscelazione dei compositi tradizionali. La bassa percentuale di carica utilizzata da un lato migliora la trasformabilità del materiale in tutto il suo ciclo vita, dalla messa in opera al riciclo, dall’altro limita i costi e non modifica le altre proprietà della matrice polimerica. Di particolare interesse è la potenzialità dell’utilizzo delle nanocariche come ritardanti di fiamma nelle matrici polimeriche. I polimeri organici sono naturalmente soggetti alla combustione: per limitare la reazione e, se possibile, arrestarla, si usano degli additivi, detti di ritardo alla fiamma che possono intervenire a diversi livelli nel complesso processo di combustione. Gli additivi più utilizzati attualmente sono principalmente di tre tipi: composti alogenati o metallo-alogenati, composti del fosforo e idrossidi inorganici; tra questi i più efficienti e versatili sono quelli alogenati. Negli ultimi anni, soprattutto a causa degli effetti negativi per l’uomo e l’ambiente che possono derivare dall’uso di composti alogenati, sono state proposte normative che tendono alla limitazione del loro uso e in futuro alla loro eliminazione. Molta attività di ricerca è stata svolta in questa direzione su sistemi alternativi che possano svolgere un ruolo di protezione superficiale sul materiale: tra questi, i sistemi intumescenti e i nanocompositi polimerici sembrano dare i risultati più incoraggianti. Nell’ambito del tessile, le nanocariche sembrano una strada in via di sviluppo per la produzione di nuovi materiali multifunzionali intelligenti-tecnici con numerose proprietà , tra cui il ritardo alla fiamma. Ad oggi, il numero di lavori scientifici in letteratura circa la produzione di nuove fibre tessili caricate risulta esiguo, ma molti progetti di ricerca a livello nazionale, europeo e internazionale sono stati finanziati recentemente proprio con lo scopo di sviluppare la nanotecnologia in tale settore. Tali sforzi sono stimolati dal fatto che nel settore delle materie plastiche, l’utilizzo delle nanocariche come additivi è una realtà che si sta consolidando. Il grosso vantaggio nell’utilizzo delle nanocariche rispetto ai tradizionali additivi per il ritardo alla fiamma è la quantità di utilizzo. Si possono raggiungere perfomances elevate già con una concentrazione del 1-2% in peso sul filo. Negli ultimi due anni, la possibilità di introdurre nanoparticelle con differenti finalità solo sulla superficie anziché all’interno della fibra, mediante un processo consolidato nel settore quale il finissaggio dei tessuti, ha già dato risultati incoraggianti. All’interno di questo scenario, processi quale la deposizione strato su strato (Layer by Layer assembly), la tecnica sol-gel e la deposizione via plasma hanno permesso di impartire proprietà di ritardo alla fiamma sia a tessuti sintetici che naturali con risultati incoraggianti. Questo differente approccio sembra più vincente di quello precedentemente descritto perché è in grado di creare una barriera fisica sulla superficie del tessuto al calore e all’ossigeno, impedendone in tal modo la combustione. Oltretutto, è un tipo di approccio che utilizza l’acqua come solvente ed è adattabile a qualunque substrato tessile, mantenendo e preservando le sue caratteristiche originali. Comunque, il settore del ritardo alla fiamma è solo uno dei numerosi campi di applicazione in cui le nanoparticelle stanno avendo e avranno un notevole sviluppo in un futuro non molto lontano.