Pietro Paleocapa

Insigne ingegnere idraulico, illuminato patriota e uomo politico, Pietro Paleocapa nacque a Nese nel novembre 1788. A soli dieci anni assieme al padre Mario (cancelliere del Podestà di Bergamo), fedele alla Repubblica Veneta accorse in laguna dov’era scoppiata una rivolta. Nel 1805 a Padova si applicò negli studi di Diritto e dopo tre anni passò alle scienze matematiche. Le prime lezioni contribuirono certamente a formare in lui il criterio dell’uomo di Stato, ma furono anche altri gli ambiti dove il Palcocapa si affermò. Entusiasmato dai successi di Napoleone in Italia e in Europa, desideroso di glorie militari, vinse poco dopo il concorso all’Accademia militare di Modena, distinguendosi inoltre per le sue doti intellettuali e morali. Nel 1812 ebbe l’incarico di dirigere i lavori di fortificazione e difesa di Osoppo e Peschiera. Nel frattempo le sconfitte napoleoniche fecero cadere il Regno d’Italia, il veneto tornò così sotto l’Austria e l’Esercito italiano si sciolse. Paleocapa scrive il Belotti «seppe animosamente tramutare in passione italiana l’ardore veneto da cui in un primo tempo furono presi non pochi spiriti sognanti dell’antica repubblica di San Marco». Nonostante l’annessione austriaca il Paleocapa, sorretto dagli ideali patriottici e intenzionato a non servire il nemico vincitore, respinse l’offerta di fare parte del corpo imperiale del Genio militare. Così abbandonò i campi di battaglia e iniziò una nuova carriera. Progettò ponti e argini, ideò costruzioni civili e nel contempo copri ruoli nel campo dell’amministrazione e della politica. La sistemazione del porto di Malamocco, nella laguna veneta, fu la prima dimostrazione della profonda perizia tecnica e grande tenacia nell’affrontare e risolvere gli ostacoli ritenuti insormontabili, tanto che i veneziani gli dedicarono una lapide. L’ingegnere orobico riscosse in quel momento una certa notorietà, che raggiunse l’apice quando nel 1840 ottenne il grado di direttore generale delle pubbliche costruzioni. Successivamente si impegnò nei lavori sulla regolazione del Brenta, dell’Adige e del Tibisco. La fama varcò allora i confini nazionali e il Paleocapa nel 1842 venne chiamato in Ungheria a progettare notevoli opere di ingegneria idraulica e a bonificare le pianure della Transilvania. Ma proprio in terra straniera contrae una malattia agli occhi che lo condurrà alla cecità assoluta. Alternando l’attività professionale alla politica, nel 1848 tornò quindi ad essere fervente patriota proteso al raggiungimento dell’unità e dell’indipendenza della Patria, Al declino della dominazione austriaca a Venezia seguì l’incarico a far parte del governo provvisorio, come ministro per l’Interno e le comunicazioni insieme a Daniele Manin (1804 – 1857), avvocato e patriota, animatore dell’insurrezione. I rapporti tra i due tuttavia non furono felici, il Manin desiderava la completa autonomia di Venezia dal Piemonte, mentre Paleocapa sognava al contrario l’unione di tutte le territorialità. Dopo aver offerto un primo valido contributo alla causa d’Italia, Paleocapa nel 1849 diede inizio ad un’opera di rinnovamento di cui il Paese, appena uscito dalla guerra, necessitava. Durante i Ministeri Casati (27 luglio – 15 agosto 1848), D’Azeglio (1849 – 1852) e Cavour (1852 – 1858) ricoprì l’incarico di ministro dei lavori pubblici, più tardi darà decisivo impulso a due delle più importanti imprese del secolo: il traforo del Cenisio e il taglio dell’Istmo di Suez. Nel 1850 in Parlamento pronunciò un memorabile discorso, col quale propose la costruzione e il perfezionamento di linee ferroviarie e stradali allo scopo di collegare fra loro le linee del Piemonte con quelle internazionali. Il Parlamento particolarmente attratto da tale disegno, nonostante il grosso disavanzo di bilancio, autorizzò le richieste di finanziamento avanzate dal Paleocapa. Dopo la guerra verme costituita una compagnia per i lavori del taglio dell’istmo di Suez. Paleocapa, che ne fece parte con pieno diritto, lavorò intensamente alla preparazione del progetto contrastato da parte dell’Inghilterra, preoccupata dal fatto che il canale avrebbe aperto nuove possibilità di commercio per i paesi del mediterraneo. Dopo aver predisposto il piano, Paleocapa, nonostante la non più giovane età ed il progressivo indebolimento della vista, entrò a far parte della Commissione consultiva; il suo apporto fu determinante in tale operazione, in quanto coordinò le varie attività di costruzione del canale. È da sottolineare che il canale primitivo, che richiese uno spostamento di 74 milioni di m^3 di terreno, aveva all’inizio una profondità di 8 metri e una larghezza di 22 metri. Negli anni successivi l’aumento della stazza dei natanti rese più volte necessari lavori di allargamento e di approfondimento con un ulteriore spostamento di circa 315 milioni di m3 di materiali. Il canale ha ora una larghezza che oscilla tra i 70 e i 125 metri in superficie, e tra i 45 e 100 metri sul fondo, la profondità varia da 11 a 12 metri circa. Il nome dell’illustre bergamasco è legato – come detto – anche a un’altra importante opera: il traforo del Cenisio. Nel 1849 venne nominato Ispettore del Genio Civile e invitato ad esaminare aspetti tecnici e finanziari del progetto di collegamento tra l’Italia e la Francia. Con logica e chiarezza propose alcune modifiche, accolte nella fase d’esecuzione dei lavori che si conclusero nel ‘61. Nel 1854 venne nominato senatore da Vittorio Emanuele II, ma la sopravvenuta cecità lo obbligherà a lasciare l’ufficio nel ‘57, rimanendo Ministro senza portafoglio fino al ‘59. Fu un periodo assai triste, soffrì non solo fisicamente, ma pure moralmente, tanto che dopo le sfortunate vicende di Venezia e l’armistizio di Villafranca rinunciò definitivamente a qualsiasi carica statale. Tuttavia non si distolse mai dal lavoro e si interessò soprattutto dei problemi di natura tecnica del Paese. Nominato Ministro di Stato nel 1862 dal re, venne poi eletto Presidente della Società Ferroviaria dell’Alta Italia, applicandosi nella difesa militare dell’Italia suggerendo la costruzione di fortificazioni nelle città marittime e un maggior potenziamento della marina da guerra. Nel 1866 ricevette un nuovo incarico come Presidente della commissione per il miglioramento dei porti e dei canali della laguna veneta. Paleocapa morì a Torino, il 13 febbraio 1869 e per volere del re venne sepolto con i massimi onori nella Certosa di Collegno.

Fonte Eco di Bergamo www.ecodibergamo.it/dossiers/Personaggi/18/139/