
La “Robinia pseudoacacia Linneo” è una pianta alta fino a 30 metri, può superare i 200 anni d’età e vive dal livello del mare fino ai 1000 metri di quota (1500 in Sud Italia). Pseudoacacia significa “falsa acacia” poiché non appartiene alla famiglia delle acacie come ancora oggi qualcuno crede. È una pianta che si adatta a vari tipi di terreno ma mal sopporta i terreni calcarei, argillosi o con ristagno d’acqua. Predilige invece i suoli piuttosto sabbiosi, ben dotati d’acqua ed acidi. La robinia è una pianta azotofissatrice per cui contribuisce al miglioramento della fertilità del terreno arricchendolo in azoto. Patisce anche l’attacco di alcuni parassiti fungini tra cui primeggia l’”Armillaria mellea” meglio noto ai raccoglitori di funghi col nome di “Chiodino” o “Famigliola buona”. Originaria dell’America Settentrionale e Centrale venne importata in Europa nel 1601 a scopo ornamentale da Jean Robin. Nel “Jardin des Piantes” di Parigi è ancora viva una delle prime robinie coltivate da Robin e, vista la veneranda età di circa 400 anni, la stessa è adeguatamente puntellata e supportata al terreno. A partire dalla seconda metà del ‘700 venne introdotta in Piemonte dai Savoia, soprattutto per rimboschire i pendii dissestati. Nel corso dell’800 e del ‘900 ebbe un crescente impiego nel nostro Paese per consolidare massicciate stradali e ferroviarie (in primis: ferrovia del Sempione) che si andavano realizzando. Il suo legno, duro e pesante (peso specifico 0,75 kg/dm3) è il legname europeo più resistente in ambiente esterno. Oltre ad essere usato per lavori di falegnameria pesante, per paleria, per mobili da esterno e per parquet è ottimo legno combustibile. La robinia è specie rustica dotata di sorprendente capacità di propagarsi. Questa tendenza infestante incide negativamente sulle specie autoctone. Attorno alla robinia non sono sorte leggende o miti poiché l’albero è stato introdotto in Europa, come detto, in epoca recente. Nei boschi della bergamasca la si trova spesso insieme al castagno. Anche se da un punto di vista ambientale avere in un bosco la predominanza di poche specie viene considerato elemento negativo, la coltivazione della robinia e del castagno ha consentito per generazioni alle nostre popolazioni di riscaldarsi grazie al legno della prima e di nutrirsi con i frutti del secondo. Che fosse la pianta preferita da Alessandro Manzoni, francamente, poco m’interessa. Trovo assai più significativo segnalare che la robinia è una pianta di fondamentale importanza per l’apicoltura. In particolare un robineto di un ettaro può dare in anni buoni fino a 800 chilogrammi di miele unifloreale di robinia o, come viene scorrettamente spesso chiamato, d’acacia. Si caratterizza per l’alta concentrazione di fruttosio (59-60%). Sebbene non risulti di facile reperimento sul mercato, il miele in questione è tra i più apprezzati dagli intenditori.
Amedeo Amadei