Aldo Milesi, già responsabile del giornalino degli ex
allievi e vice presidente dell’Associazione, ci conduce
in un breve ma esauriente excursus sul fondamentale
apporto degli artisti bergamaschi all’arte e alla cultura
di Venezia.
Giungere a Venezia è come arrivare in un nuovo mondo che fino ad oggi è stato salvaguardato da
ogni alterazione.
Non si può conoscere Venezia senza spostarsi dall’uno all’altro dei suoi sestieri e passeggiare
sulle fondamenta o sulle calli, dalla zona dell’Accademia a quella di San Polo, dagli scenari di
grande effetto della Scuola Grande di San Rocco e della Basilica dei Frari alla solenne Chiesa dei
Santi Giovanni e Paolo, alla avvenente fantasia di Palazzo Ducale.
L’isolamento lagunare di Venezia e l’abitudine delle vie marittime dell’Adriatico e dell’Oriente
facilitarono l’attaccamento ai modelli ravennati e bizantini.
A partire dal ‘400 cominciò per Venezia il lento, irrefrenabile tramonto poiché non potendo più
conservare il privilegio del commercio con l’Oriente, fu obbligata a dirigersi verso l’interno
ed a impegnarsi nella politica italiana per poter mantenere il suo grande prestigio.
I suoi nuovi domini si estendevano verso ovest fino a Bergamo ed all’Adda, poco lontano da Milano,
verso est fino alla costa dalmata. L’aprirsi a relazioni politiche e culturali di più vasto respiro,
le permise di accettare le nuove forme rinascimentali.
Nel primo quattrocento furono attivi a Venezia figure minori del Rinascimento toscano come
Piero Lamberti. Fa eccezione Donatello che operò a Padova senza però dare seguito ad una tradizione.
Furono più ricercati gli artisti lombardi in quanto più vicini al gusto pittorico e raffinato
veneziano. Tra questi i più noti sono Pietro e Tullio Lombardo e Giovanni e Bartolomeo Bon che
lavorarono sia come scultori e architetti e come tali attribuiscono ai loro edifici un volto assai
ricco di decorazioni plastiche. Questi artisti definiscono il volto di Venezia che è di una bellezza
destinata a restare unica nella storia artistica del mondo. Giovanni Bon, influenzato dall’arte
dei Delle Masegne, è di origine bergamasca ed è documentato a Venezia dal 1382. Col figlio
Bartolomeo lavorò alla Ca d’Oro ed alla decorazione della porta della Carta di Palazzo Ducale che
rimane il suo capolavoro. Bartolomeo operò anche alla Scuola Grande della Misericordia, all’arco
Foscari di Palazzo Ducale ed alla pala della Cappella Mascoli in San Marco. Scipione Bon
(Frà Pacifico), fratello di Bartolomeo è il probabile autore della Chiesa dei Frari.
Figura di grandissimo rilievo nell’ambito dell’architettura del primo rinascimento fu il
lennese Mauro Codussi. Egli riprende elementi toscani, particolarmente di Leon Battista Alberti
mediandoli nell’ambiente cittadino in una versione più morbida e mossa. Stabilisce inoltre
la nuova tipologia dell’abitazione patrizia.
Nell’architettura religiosa s’impongono alcuni gioielli come San Michele in Isola,
San Zaccaria, Santa Maria Formosa, San Giovanni Crisostomo. In quella civile le Procuratie
vecchie e la Torre dell’Orologio.
Splendidi i palazzi Corner Spinelli e Vendramin Calergi sul Canal Grande e Zorzi a San Severo.
Dopo la morte del Codussi il figlio Domenico completa la ricostruzione di San Giovanni Crisostomo,
mentre il nembrese Alessandro Bigni realizza il Coro dei Monaci con sedili in legno intagliato a San Michele
in Isola.
Nel periodo compreso tra la fine dell’attività del Codussi, Lombardo e Rizzo e l’entrata in scena
dei tre titani che definiscono l’architettura del ‘500 veneziano: Sansovino, Sanmicheli e Palladio,
abbiamo una schiera di architetti che lasciano opere notevoli. Rammentiamo Giovanni Buora,
Scarpagnino, Guglielmo dei Grigi, Bartolomeo Bon il giovane.
Il bergamasco Bartolomeo Bon, il giovane, progettò la facciata della Scuola Grande di San Rocco
dove da prova della vivacità pittorica dell’architettura veneziana della prima metà del secolo.
Guglielmo dei Grigi detto Guglielmo Bergamasco appartiene ad una famiglia di costruttori lapicidi
bergamaschi di Alzano operoso già a Venezia nel 1527. Le sue opere architettoniche principali sono
l’esagonale Cappella Emiliani a San Michele in Isola e l’elegante Palazzo dei Camerlenghi sul
Canal Grande.
Scolpì un rilievo con i Santi Marco, Rocco e Sebastiano per il Lazzaretto vecchio, ora al Museo
Correr.
Giangiacomo dei Grigi, suo figlio, è ricordato nei documenti come “tajapiera”. A lui si deve
il Palazzo Papadopoli a Sant’Aponal.
Portò a termine l’imponente Palazzo Grimani a San Luca sul Canal Grande lasciato interrotto dal
Sanmicheli.
Facciamo presente che nella Chiesa di San Rocco all’altare maggiore rinascimentale in marmi
preziosi dei bergamaschi Venturino Fantoni e figli, noti dal
1517 a Venezia, vi è una statua in marmo di San Rocco attribuita a Bartolomeo di Francesco di Bergamo.
Dello stesso è l’insigne statua della Maddalena all’altare della Cappella della Maddalena nella
Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo.
Venezia lasciò al mondo quella che è considerata la più bella e ricca eredità nel campo della
pittura elaborando un linguaggio basato essenzialmente sul colore. Le opere dei Vivarini,
dei Bellini, del Carpaccio, del Giorgione, del Lotto (personaggio isolatissimo e particolare nel
quadro della pittura veneta, di cui a Bergamo e provincia abbiamo grandiose composizioni),
del Tiziano, del Tintoretto, del Veronese e del Bassano sono esempi illuminanti.
Nella seconda metà del ‘400 e poi per tutto il secolo successivo c’è
stata una forte migrazione di artisti bergamaschi verso Venezia, alla
cui scuola pittorica il loro contributo fu tutt’altro che trascurabile
adottando lo stile dei grandi maestri lagunari. I suddetti pittori
furono molto operosi anche in terra bergamasca. Capostipite di una
famiglia di pittori proveniente da Santacroce fu Francesco di Simone.
La sua pittura è delicata ed influenzata dall’opera giovanile di
Giovanni Bellini (Chiesa di San Pietro martire di Murano: Madonna in
trono col Bambino, i Santi Geremia e Girolamo e angelo musicante; ex
Ospedale degli Esposti: Adorazione dei Magi). Il più noto dei
Santacroce fu Girolamo, discepolo di Gentile Bellini e
successivamente accostatosi a Giovanni Bellini ed ai giorgioneschi
(Chiesa di San Silvestro: San Tommaso e il Battista; Chiesa di San
Martino: Ultima Cena). Andrea Previtali, allievo di Giovanni Bellini
rimase legato al gusto del maestro risentendo successivamente del
Carpaccio e del Lotto (Chiesa di San Giobbe: Madonna col Bambino ed i
Santi Giovanni Battista e Caterina; Gallerie dell’Accademia:
Crocifisso, la Maria e San Giovanni).
Bernardino Licinio fu seguace di Giorgione tramite Palma il Vecchio (Chiesa di Santa Maria Gloriosa
dei Frari: Madonna col Bambino in trono tra i Santi Antonio e Lodovico da Tolosa, Francesco e
Bonaventura). Giulio Licinio, nipote di Bernardino, si formò nell’ambiente dei maestri attivi
nel retroterra veneto più che in quelli veneziani della città lagunare (Palazzo Ducale e Libreria
Marciana: varie tele).
Giovanni Antonio Licinio, pittore di vetrate (Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo: stupende vetrate
con figure di Santi).
Jacopo Pistoia si legò a canoni tizianeschi e bonifaceschi: (Chiesa di San Giobbe: Madonna in
gloria e Santi).
Rocco Marconi, allievo di Giovanni Bellini, si accostò successivamente a Palma il Vecchio
orientandosi poi ai temi giorgioneschi .(Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo: Cristo tra i Santi
Pietro e Andrea, una delle sue opere migliori).
Giovanni Busi detto il Cariani si formò alla scuola veneziana dei Bellini e del Lotto con notevole
ascendenza di Palma il Vecchio. Successivamente la sua pittura, si accostò al modo di colorire dei
lombardi (Gallerie dell’Accademia: Sacra conversazione).
Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio segnò il passaggio da Giorgione a Tiziano.
La pittura del serinese è ricca di effetti pittorici e di poesia del colore. (Chiesa di Santa Maria
Formosa: Polittico con Santa Barbara tra i Santi Antonio Abate, Sebastiano, Vincenzo Ferreri e
Giovanni Battista è opera giovanile d’impianto giorgionesco; Gallerie dell’Accademia:
Sacra conversazione, opera della maturità dell’artista di grande vivacità coloristica prossima a
Tiziano in cui si fondono elementi sensuali e spirituali della sua fantastica visione; Pinacoteca
Querini Stampalia: Ritratto di Francesco Querini, Ritratto di Paola Priuli Querini).
Antonio Negretti detto Palma Antonio, nipote di Palma il Vecchio fu alla scuola di Bonifacio de’
Pitati che collaborò con lo zio dal quale ereditò la bottega (San Giacomo dell’Orio: Miracolo di
San Giacomo che resuscita il gallo; San Sebastiano: Risurrezione di Cristo).
Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, figlio di Antonio e pronipote di Palma il Vecchio fu
influenzato dal Tiziano e dal Bassano e da tutti gli altri maggiori del suo tempo
(Oratorio dei Crociferi: Mirabile ciclo di quadri che rappresentano la storia dell’ordine;
Sagrestia vecchia di San Giacomo dell’Orio: Ciclo Eucaristico e storia del Vecchio Testamento,
molto bello; Scuola dei Picai: Entro tre scomparti lignei i Suffragi per le anime del purgatorio
e Dottori e Padri della Chiesa).
Alla continua migrazione dei nostri artisti si opponeva un continuo afflusso di pittori veneziani
che si farà particolarmente massiccio nei secoli successivi. Particolarmente in epoca
rinascimentale molti pregevoli dipinti di maestri veneziani sono stati fatti pervenire dai
bergamaschi trasferiti in laguna, per ragioni di lavoro, alla terra d’origine.
Venezia, con l’arte gloriosa del suo cinquecento esercitò una influenza determinante sul barocco,
anche se in questa nuova fase ebbe invece un periodo di ristagno. L’influenza del Sansovino e del
Palladio dominò sugli architetti veneti per due secoli. Il maggiore di tutti fu il Longhena.
Apro una parentesi per segnalare che nel presbiterio della Chiesa di San Nicolò al Lido si trova
uno sfarzoso altare maggiore di marmi policromi progettato dal clusonese Cosimo Fanzago,
architetto e scultore, mattatore del barocco napoletano.
L’estense Antonio Zanchi, di matrice bergamasca, ha delle composizioni che si impongono per
robustezza di chiaroscuro e per una certa grandiosità di visione (Scuola Grande di San Rocco:
La peste del 1630, capolavoro dell’artista; Scuola dei Picai: II Giudizio Universale, Gesù,
caccia i mercanti dal Tempio).
Dopo la stasi del ‘600 la pittura tornò ad avere un ruolo principale nella pittura europea.
Il Ricci, il Tiepolo ed il Piazzetta (quest’ultimo piuttosto casalingo) ne sono gli interpreti
principali.
Il veronese Antonio Balestra è di origine bergamasca. Fu pittore ed incisore di temperamento
eclettico (Chiesa di San Zaccaria: Adorazione dei pastori, tela tra le più significative dell’
artista; Chiesa dei Gesuiti: Madonna ed i Santi Stanislao Kotska, Luigi Gonzaga e Francesco Borgia;
Scuola grande dei Carmini: Il sogno di S. Giuseppe e Riposo in Egitto).
Giuseppe Camerata, oriundo di Muggiasca di Averara, ora Colle Muggiasca, è uno dei più noti pittori
ed incisori del settecento veneziano (Chiesa di San Stae: San Eustacchio in atto di adorare la
Croce; Coro delle Monache della Chiesa dello Spirito Santo alle Zattere : Cristo e la Veronica ).
Tra i ritrattisti eccelsero Rosalba Carriera ed i bergamaschi Vittorio Ghislandi ed i Nazari.
Vittorio Ghislandi detto Fra Galgario, un vero genio del ritratto, si sforzò sempre di apprendere
la magia dei grandi cinquecenteschi veneziani. Stette negli ultimi tempi nella bottega del friulano
Sebastiano Bombelli. (Gallerie dell’Accademia: Ritratto del conte Valletti).
Bartolomeo Nazari, pittore ed incisore iniziò i suoi studi a Venezia sotto A. Trevisani
(Museo Correr: Ritratto di Vincenzo Querini). Figli del clusonese furono Giacomina e Nazario
che furono suoi collaboratori. Di Nazario si trova a Ca’ Rezzonico il Ritratto di Marco Foscarini.
Coi primi del ‘700 il barocco assorbe motivi classicheggianti. Di formazione veneta fu il.
bergamasco Giacomo Quarenghi che molto opererà a Pietroburgo come architetto.
Il clusonese Lattanzio Querena che si richiama al Piazzetta dipinse soprattutto tele di soggetto sacro
(Basilica di S. Marco: Cartone per il mosaico con rappresentato il Cristo in gloria e Giudizio
finale per la facciata della Basilica; Chiesa di San Cassiano: Sant’Antonio ed il Bambino;
Chiesa di San Servolo in Isola: Deposizione, opera di Giambettino Cignaroli ampliata dal Querena).
Concludiamo facendo osservare che la carrellata degli artisti e relative opere che si trovano
in Venezia è stata necessariamente contenuta anche se esaustiva per affermare la disamina.
Rimandiamo il lettore che ne fosse maggiormente interessato alla materia a testi specifici o ad
altri articoli specialistici pubblicati dallo scrivente.
Aldo Milesi