Crisi: a che punto siamo

Aumento della disoccupazione, tensioni sullo “spread”, diminuzione dei consumi e della produzione, chiusura di aziende, restrizione del credito, banche in affanno, enti pubblici in difficoltà, PIL negativo, famiglie in crisi… sono titoli ricorrenti in questo periodo definito di “recessione”.
Da dove arriva questa crisi e chi l’ha provocata?
La crisi è il risultato di varie concause accumulatesi nel tempo, i cui danni sono arrivati in superficie solo quando è intervenuta una causa scatenante. Si deve risalire alla crescita vertiginosa del settore immobiliare negli USA, crescita che creò una “bolla” speculativa, cioè un fenomeno di sopravvalutazione dei prezzi correnti rispetto ai reali, che indusse le banche a concedere mutui immobiliari senza garanzie reali. Questi mutui sono stati trasformati in “mutui sub prime” attraverso la vendita ad altri operatori, che hanno emesso a loro volta mutui e obbligazioni, moltiplicando il valore di molte volte. Quando i sottoscrittori dei mutui originali non sono stati più in grado di rimborsare le rate pattuite, la bolla è scoppiata, e il bel “castello in aria” è crollato, trascinando tutti i “valori” collegati.
La conseguenza fu la crisi del sistema bancario. A metà settembre del 2008 avvenne un fatto straordinario, il Governo Americano lasciò fallire la banca d’affari Lehman Brothers, trascinando nel panico tutto il sistema finanziario: era saltato il sistema di garanzie e di affidabilità tra le stesse banche con conseguente blocco del credito alle aziende e alle famiglie. La spirale negativa si diffuse dal settore finanziario a quello produttivo, intaccando poi quello dei consumi; anche l’Europa fu coinvolta in questo crollo, con tutte le conseguenze che conosciamo.
Giunti a questo punto è difficile prevedere fino a quando durerà la crisi, che questa volta non sarà una crisi internazionale ma tutta italiana sul tipo di quella greca.
La ripresa di alcuni parametri, come la differenza (spread) in punti percentuali tra il tasso pagato sui titoli di stato decennali italiani BTP e i BUND di corrispondente durata della Germania, cioè tra un mercato debole e uno forte, non lascia ben sperare. Prima del 2011 lo spread navigava intorno ai 100 punti (1%), per salire rapidamente sino a 570 punti e poi assestarsi ultimamente – grazie alle misure del Governo Monti – verso i 250-280 punti, ma pronto a risalire in caso di politiche economiche non virtuose. Siccome il tasso di interesse che lo Stato Italiano paga ai sottoscrittori dei BPT non è disponibile per gli investimenti e viene sottratto alla ricchezza nazionale, questo spiega le difficoltà attuali della finanza pubblica. La competitività del Paese è in declino, come dimostra la diminuita partecipazione al commercio internazionale e conseguentemente il Prodotto Interno Lordo (PIL), che corrisponde alla ricchezza prodotta dal Paese, è risultato negativo per il 2% nel 2012 e non sembra possa migliorare significativamente negli anni futuri. Questo significa che l’introito dello Stato derivato da tasse e IVA sarà inferiore e quindi la finanza pubblica sarà ancora più in crisi. Le entrate fiscali dello Stato nel 2012 sono cresciute di 1,7%, raggiungendo i 409,73 MRD di Euro. In realtà questo risultato positivo è dovuto esclusivamente all’entrata dell’IMU, pari a 23 MRD di Euro.
Anche i tanti problemi irrisolti nel settore bancario, che concede crediti con il contagocce, hanno conseguenze su consumi e occupazione.
Ci sono poi da considerare gli impegni dello Stato, che deve mantenere un apparato costoso e inefficiente, partendo dalla politica (oggetto di forti critiche per i costi e gli sperperi) fino alla sanità, all’istruzione, all’amministrazione locale, alla sicurezza e così via. Un sistema che ci vede con il primato negativo del debito pubblico, che ha raggiunto i 1.998 miliardi di Euro, con elevati interessi da pagare, che esplodono nel momento in cui lo spread si alza. La differenza di spread tra il massimo raggiunto di 575 punti base e il minimo toccato di 248 equivale a 65 MLD di Euro aggiuntivi per la finanza pubblica, una super manovra finanziaria!
Lo Stato è indebitato, ma gli italiani, almeno in parte, sono in buona salute potendo contare su bassi debiti e discrete disponibilità finanziarie e immobiliari proprie. Ma anche questa situazione sta rapidamente deteriorandosi con la perdita del posto di lavoro dovuta alla chiusura di un numero impressionate di imprese. Poi dobbiamo considerare gli effetti della nostra valuta corrente, l’Euro, che ha un ruolo importante di regolazione monetaria tra i Paesi europei, uniti dalla moneta ma troppo distanti su fattori base: uno per tutti l’inflazione. Paesi con inflazione diversa non possono convivere nella stessa moneta: per questo motivo i paesi “formica” con bassa inflazione e forte sviluppo (Germania e i Paesi del Nord)) chiedono ai Paesi “cicala” con alta inflazione e basso sviluppo (Grecia, Portogallo, Spagna, Italia) di mettere le cose in ordine in casa propria, come condizione per avere sviluppo e lavoro.
È una bella sfida che il Parlamento che è uscito dalle elezione del 24 febbraio dovrà risolvere.

Alcune riflessioni positive e interessanti sulla crisi
“Non pretendiamo che le cose cambino, se facciamo sempre la stessa cosa. La crisi è la migliore benedizione che può arrivare a persone e paesi, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dalle difficoltà nello stesso modo che il giorno nasce dalla notte oscura. È dalla crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sè stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi, inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. La convenienza delle persone e dei paesi è di trovare soluzioni e vie d’uscita. Senza crisi non ci sono sfide, e senza sfida la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È dalla crisi che affiora il meglio di ciascuno, poiché senza crisi ogni vento è una carezza. Parlare della crisi significa promuoverla e non nominarla vuol dire esaltare il conformismo. Invece di ciò dobbiamo lavorare duro. Terminiamo definitivamente con l’unica crisi che ci minaccia, cioè la tragedia di non voler lottare per superarla”.
Albert Einstein, 1955

Crisi e ripresa non sono antitesi nette
“La speranza è un acconto su tutti i beni, così pressappoco ripetono i giornali di tutto il mondo, dal settembre 1929 (ndr: l’anno della crisi finanziaria mondiale) pronosticando ogni giorno la fine della crisi, con una continuità e un fervore che ormai non ha più presa sugli uomini d’affari. Invitare a sperare è sempre un’azione pietosa, purché non diventi la pietosa menzogna del medico aggiunta alla “prognosi riservata”. E bisogna stare attenti a non abusare di questa compiacente dea che non gradisce una larga pubblicità.
La “ripresa” – tormentato sostantivo che assorbe tanto inchiostro – avviene ogni giorno, ogni ora, man mano che ci allontana da quella che chiamiamo, ahimè, “prosperità” e che era la maschera della prosperità. Guai a lanciar palle infuocate contro il fantoccio della crisi; la gente si forgerà nel cranio il cliché di due compartimenti stagni, di due antitesi nette, crisi e ripresa. Crederà che un bel giorno, caduto il fantoccio (perché si tira forte e si grida ai quattro venti che non c’è più) si possa navigare tranquilli nelle acque stagne della prosperità. D’altra parte, non è che , non parlandone, si evitano gli ostacoli, si mutano gli andamenti delle curve economiche.
Alla prosperità invece si ascende e faticosamente. È quindi pericoloso creare una forma mentis miracolistica e fondarla interamente sulla speranza. Sperare sì, bisogna, ma non come il malato che attende la grazia; bensì come il combattente che attende e si forgia la sua vittoria, ogni giorno con fatica e con audacia. Gli uomini d’affari hanno, di questa combattività, spirito di sacrificio e audacia, sufficienti esempi nella loro storia antica e nuova”.
Rivista TINCTORIA, aprile 1935;
Ing. Osiris Bizioli, professore di chimica tintoria e tessile nel Regio Istituto V.E. II di Bergamo

“La storia è maestra di vita”: così mi si insegnava a scuola
Quanto alla parola RIPRESA, sono dell’avviso di trattarla con le molle, per evitare che diventi, come evidenziato, una pia illusione. Sette miliardi di umani (ciascuno ha il cane e, in vent’anni, mangia un bue, e, ciascuno di loro, espirando, emette in atmosfera 100 grammi di CO2 al minuto, ferragosto incluso) confinati su una palla del diametro di poco meno di 14 mila chilometri, non lasciano adito a pensieri rosei. Si potrà solo sperare di lavorare duro per salvaguardare una situazione accettabile. Lo studente che, finito il corso di laurea, diceva “adesso basta di studiare, brucio i libri e mi metto a lavorare”, non sapeva che, da quel giorno, avrebbe dovuto studiare più di prima, per il resto dei suoi giorni. Questo vale per l’imprenditore,per il laureato, per il tecnico, per l’artigiano, per l’operaio, per la massaia, per il prete. “ Adesso è arrivata la ripresa e da oggi me la godo”, invece, “e da oggi profonderò le mie forze migliori per non recedere”. E l’ottimista, che dice? “Quando arriverà l’energia a basso prezzo e per tutti (recupero terziario del petrolio, fusione nucleare pulita, fotonica, eolica, idrica, biotecnologica), avremo raggiunto un primo importante stadio del processo di ripresa e, pertanto, diamogli sotto!”.
Ermanno Barni, Professore Emerito di Chimica