Fotovoltaico di III generazione le celle di Graetzel

I gravi problemi causati all’ambiente

in tutto il mondo dall’esteso uso delle fonti di energia convenzionali e la consapevolezza che le scorte di combustibili fossili sono in via di esaurimento hanno stimolato la ricerca di sorgenti energetiche alternative.
Particolare attenzione è riservata alle fonti rinnovabili, intendendo come tali quelle fonti di energia che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono “esauribili” nella scala dei tempi “umani” e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future.
Sono dunque generalmente considerate “fonti di energia rinnovabile” il sole, il vento, il mare, il calore della Terra, le biomasse, l’idroelettrico ovvero quelle fonti il cui utilizzo attuale non ne pregiudica la disponibilità nel futuro (figura 1).
La tematica si intreccia anche con il problema del riscaldamento globale e delle emissioni di CO2. Le fonti energetiche rinnovabili non contribuiscono all’aumento dell’effetto serra.
Il solare permette poi la microgenerazione e la generazione distribuita, ossia l’energia può essere prodotta in piccoli impianti domestici distribuiti sul territorio che possono soddisfare il bisogno energetico di una singola abitazione o piccolo gruppo di abitazioni consentendo di risparmiare l’energia che si perde nella fase di distribuzione di energia elettrica, per esempio sugli elettrodotti.


Il solare come fonte energetica può essere considerata inesauribile; si stima che alla terra arrivi dal sole una quantità di energia di circa 3×1024 joules/anno pari a circa 10.000 volte il consumo annuo di energia di tutta la popolazione terrestre. Visto l’apporto di energia derivante dal sole, sarebbe sufficiente la ricopertura dello 0,1 % della superficie terrestre con celle solari aventi una efficienza del 10% per soddisfare le necessità odierne.
Al momento, il sistema più efficiente per sfruttare l’energia solare è basato sull’effetto fotoelettrico; quando una radiazione solare incide su di un semiconduttore si genera una differenza di potenziale e si ha un flusso di corrente elettrica.
Abbiamo così le celle a giunzione solida di I generazione basate sul silicio monocristallino, multi cristallino o amorfo, o quelle più sofisticate a multi giunzione; quelle dette di II generazione basate su film sottili di silicio o seleniuro di rame e indio; o quelle più innovative (III generazione) quali le celle a polimeri e semiconduttori organici e le celle sensibilizzate a coloranti note anche come celle di Grätzel.
Nate presso il Laboratorio di Fotonica e delle Interfaccie dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (Svizzera) diretto dal Prof. Michael Grätzel, le omonime celle sono molto promettenti per i bassi costi delle materie prime e dei processi produttivi, la trasparenza, e la facile integrabilità. Ispirate alla fotosintesi clorofilliana, le celle di Grätzel sono in realtà dei sistemi fotoelettrochimici ove un semiconduttore bianco, ad esempio biossido di titanio oppure ossido di zinco, è fotosensibilizzato da un colorante adsorbito; di qui il nome di Celle Solari Sensibilizzate a Coloranti e l’acronimo DSSC dall’inglese Dye Sensitized Solar Cells (figura 2).
Il principio di funzionamento delle DSSC è rimasto ad oggi invariato rispetto al lavoro originale di Michael Grätzel pubblicato su Nature nel 1991 (B. O’Regan and M. Grätzel, Nature, 1991, 353, 737-740). Il materiale ossidico fotosensibilizzato sottoforma di nanocristalli assorbe i fotoni portando il colorante in uno stato eccitato che inietta elettroni nell’ossido ossidandosi. Gli elettroni migrano attraverso l’ossido sino ad un elettrodo tipicamente di vetro conduttivo (ITO: Indium Tin Oxide oppure FTO: Fluoro Tin Oxide) e di qui ad un circuito elettrico ove svolgono una funzione tecnologicamente utile. Il circuito si chiude quando gli elettroni raggiungono il catodo dal quale migrano riducendo lo iodio presente in una soluzione elettrolitica generando ioni ioduro.

Lo iodio è in realtà complessato come ione triioduro, il quale assieme allo ione ioduro costituisce una coppia redox indicata come mediatore, sciolta in un opportuno solvente a costituire la soluzione elettrolitica posta fra anodo e catodo. Lo ione ioduro trasporta gli elettroni a ridurre la forma ossidata del colorante adsorbito ripristinando il colorante nella forma in cui riassorbendo un fotone può ripetere il ciclo per milioni volte come è schematizzato nella figura 3. Data l’importanza dell’interfaccia ossido fotosensibilizzato con colorante e la soluzione di elettrolita, le celle di Grätzel sono dette anche celle a giunzione solido/liquido o anche più semplicemente a giunzione liquida per distinguerle da quelle a giunzione solida. Infine, è da sottolineare l’importanza della nanostrutturazione del semiconduttore ossidico, fondamentale per minimizzare la ricombinazione buca/elettrone e massimizzare la raccolta dei fotoni da tutte le possibili angolazioni.
Una peculiarità di questo tipo di tecnologia fotovoltaica è la capacità di generare un flusso di elettroni a seguito della raccolta di luce diffusa anziché di luce diretta come è richiesto per le celle a giunzione solida. Questa caratteristica, assieme alla trasparenza ed ai bassi costi, compensa ampiamente i rendimenti che in cella da laboratorio è di circa l’11%, e proietta le DSSC in applicazioni impossibili ai dispositivi fotovoltaici più tradizionali. Le DSSC non sono proposte come una alternativa ma bensì ad integrazione dei dispositivi più consolidati. Gli architetti guardano con interesse alle DSSC avendo la possibilità di trasformare le grandi
superfici vetrate degli edifici moderni in dispositivi integrati in piena sintonia con i concetti dell’edilizia sostenibile senza trascurare aspetti di creatività ed originalità derivanti dai colori che l’anodo può acquisire in funzione dei diversi sensibilizzatori che possono essere utilizzati.
Le DSSC basate su elettrodi rigidi in vetro conduttivo rappresentano l’approccio più maturo, quello più prossimo allo sviluppo industriale (figura 4). La ricerca sta però sviluppando DSSC su supporti polimerici conduttivi flessibili per applicazioni ove leggerezza e flessibilità rappresentano ulteriori fattori condizionanti.
Il tessile fotovoltaico è una importante sfida del tessile tecnico ove l’approccio DSSC sta proponendo interessanti soluzioni. La figura 6 riproduce una cella fotovoltaica tipo DSSC a forma di filo e qui lavorata a maglia a costituire un tessile capace di produrre una corrente di 1,3 mA/cm2.